L'Uomo Homo Sapiens.

Evoluzione delle tecniche di lavorazione della pietra

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ITINERARI - SVILUPPO E PROGRESSO - L'HOMO SAPIENS

NEANDERTHALENSIS E SAPIENS: FRATELLI O CUGINI?

Una delle polemiche più accese fra gli studiosi di paleoantropologia riguarda il grado di parentela fra i due tipi umani più recenti: l'Homo sapiens neanderthalensis e l'Homo sapiens sapiens. I recenti scavi a Border Cave in Sudafrica hanno portato alla luce resti umani attribuibili con sicurezza all'Homo sapiens sapiens, identici cioè all'uomo moderno, ma risalenti ad un epoca antichissima, tra i 105.000 e i 90.000 anni fa. Per questo periodo in Europa e nel resto del mondo sono stati ritrovati invece i neanderthaliani, che fino a qualche tempo fa si pensava che fossero gli unici uomini allora esistenti. I resti di Border Cave dimostrano che nel Paleolitico medio vivevano due tipi di ominidi, entrambi dotati di una cultura. Questa convivenza è durata fino a circa 38.000 anni fa, quando il sapiens sapiens si è sostituito completamente al tipo neanderthaloide. Sembra quindi dimostrato che il sapiens sapiens non deriva dall'uomo di Neanderthal; quale sia il rapporto tra le due sottospecie rimane però oscuro. Vi è chi sostiene che la divisione in due ceppi è fittizia, appartenendo entrambi ad un unica sottospecie. Questi studiosi sostengono che i neanderthaliani non si sono mai estinti, ma che le loro caratteristiche morfologiche rientrano nella comune differenza tra individuo e individuo: sarebbero in sostanza molto più simili a noi di quanto si creda, semplicemente più robusti della media e forse un po' più «bruttini». Secondo la tesi più accreditata, tuttavia, il ramo neanderthaliano sarebbe una derivazione genetica dal ceppo principale umano che ha dato origine all'uomo moderno. Tale ramo si è estinto per ragioni sconosciute all'incirca 40.000 anni fa, lasciando soltanto l'Homo sapiens sapiens a continuare il cammino evolutivo.

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IL PERFEZIONAMENTO DELLE TECNICHE DI LAVORAZIONE DELLA PIETRA

Il progresso nella preparazione degli attrezzi non consisteva solo nel numero di pezzi ricavati da un blocco di selce, ma anche nella precisione con cui questi erano rifiniti. Per compiere queste rifiniture dovevano esistere particolari tecniche di lavorazione. Francesco Bordes, uno studioso francese che è riuscito a ricostruire molte tecniche usate dagli uomini del Paleolitico, ritiene che i ritocchi fossero fatti con un percussore di pietra, di osso o di legno indurito sul fuoco, oppure con la pressione di un attrezzo. Nel primo caso era necessario eliminare i rigonfiamenti della pietra con leggeri colpi fino a rendere la superficie uniforme; nel secondo caso si appoggiava l'attrezzo da rifinire su di un corpo morbido, ad esempio la pelle di un animale, e si premeva sulla sua superficie con una punta (vedi figura). La figura mostra appunto il ritocco di una lama di selce già sbozzata. La pelle che copre la mano poteva avere lo scopo di proteggere le dita o forse serviva ad attutire i colpi in modo che la lama non si spezzasse. Manufatti litici di questo genere richiedevano nel costruttore una considerevole abilità frutto di un lungo esercizio. Non è azzardato immaginare che alla fabbricazione di questi attrezzi fossero addetti dei lavoratori specializzati e che la produzione avvenisse, per così dire, «in serie», il che avrebbe consentito di ottenere, con un notevole risparmio di tempo, una migliore qualità del prodotto. Non mancano indizi precisi in questo senso: accade di ritrovare scarti di lavorazione della selce che presentano la stessa forma e che provengono evidentemente dalla fabbricazione di uno stesso tipo di utensile. Il perfezionamento delle tecniche di lavorazione della pietra ha permesso di ottenere da blocchi di selce della stessa grandezza un numero sempre maggiore di punte o di lame, con un incremento notevolissimo della superficie tagliente complessiva.

Evoluzione delle tecniche di lavorazione della pietra

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L'ATTREZZATURA DEL PALEOLITICO SUPERIORE

Gli uomini del Paleolitico superiore erano disposti a percorrere anche diversi chilometri per procurarsi la materia prima di buona qualità per la costruzione di utensili. Come è indicato nella cartina, lame di una selce speciale (selce bionda) di un giacimento situato presso la Loira, in Francia, sono state ritrovate in Belgio e in Svizzera. A Kostenki sul Don (Russia), per esempio, la selce usata per la fabbricazione di manufatti era raccolta in un giacimento distante 130 Km. La cosa non riguardava solo la selce: in alcune località dell'entroterra francese sono state trovate conchiglie provenienti dal Mare del Nord. Il caso più interessante riguarda l'ambra, una resina vegetale fossile che, data la sua scarsa resistenza agli stress che deve sopportare un utensile, è adatta quasi esclusivamente alla produzione di oggetti ornamentali e che deve quindi essere considerata un genere di lusso. In Europa questo materiale era reperibile quasi esclusivamente sulle spiagge del Mar Baltico dove si trovava in superficie, ma frammenti d'ambra sono stati ritrovati in siti molto distanti dal luogo di origine. La sua diffusione non è ancora quella che si riscontrerà in età più recenti (Neolitico e età dei metalli), ma presenta in embrione quei tratti che si manterranno anche in futuro. Nell'attrezzatura del Paleolitico superiore, il bulino di selce era forse l'utensile più interessante: probabilmente si trattava di un cesello atto ad incidere l'osso, il corno e l'avorio, che rese possibile l'utilizzazione su vasta scala di tali materiali; ma, soprattutto, era uno strumento che serviva esclusivamente a fabbricare altri strumenti e rappresentava perciò un progresso importante verso tecniche produttive sempre più complesse. Le frecce indicano le punte del bulino.

IL PALEOLITICO MEDIO E L'UOMO DI NEANDERTHAL

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